Un bel sogno: non solo conoscere gli ingredienti di un articolo alimentare ma anche da dove arriva, di che lotto fa parte, quando è stato prodotto, la scadenza del lotto, se la ditta che lo produce rispetta o meno i diritti dei lavoratori, questi hanno contratti in regola, da quanto è sul mercato, il suo codice di iscrizione alla camera di commercio. Visto che si sogna, tanto vale sognare in grande, e, quindi, estendere la tracciabilità anche agli articoli non alimentari.
Uuhhmmm… alimentare + non alimentare sono tutte le merci! Dai pomodori sfusi, al cellulare, all’automobile, … : tutto quello che è acquistabile.
Ma si può fare? Dimostro che è possibile, quindi se non si fa è solo perché manca la volontà politica.
A ciascun distributore, importatore, produttore viene fornita una tessera (sul genere di quella del SSN) che ha il chip di autenticazione a chiave pubblica/privata (tipo le carte d’identità belghe) [o un token che genera OTP -la tecnologia di sicurezza è un dettaglio].
In un sito per tutta l’Unione Europea una volta ottenuto l’accesso con la card di certificazione il produttore di martelli scopre che l’importatore dalla Cina delle teste dei martelli ha già inserito i dettaggli e che il distributore dei manici -una falegnameria svedese- ha fatto altrettanto. A lui spetta solamente dire quale lotto dell’importatore appartengono le teste e a quale del distributore appartengono i manici, oltre a dire a quale lotto appartengono i martelli finiti (ed altri dettagli tipo la data di produzione). Tutti devono inserire dati sui dipendenti, energia, ecc. L’importatore ha il carico più gravoso perché fa entrare una merce nella UE e deve compilare tutti i dati sennò non troverà chi acquisterà, potrebbe vendere a prezzo così basso da essere competitivo pur non immettendoli ma la responsabilità ricadrebbe sul produttore (in tutto il sistema chi inserisce un dato ne è responsabile della veridicità).
Si arriva sempre alla miniera, stalla o campo di origine dell’ingrediente o del materiale che si trova nel prodotto finito (imballaggio compreso).
La scheda del prodotto sarà ad indirizzo tipo:
http://www.undominio.eu/productid=73c88977f23317add36d45a1b8539565837caf2c6e24c32a71fbeb46528fbca8
che corrisponde ad un codice QR come questo
Il QR code viene stampato sull’imballaggio o reso disponibile dal venditore se l’imballaggio manca (1 kg di mele sfuse).
Il consumatore col proprio smartphone, tablet o con i totem appositamente predisposti nei punti vendita, avrà immediato accesso a tutte le informazioni disponibili sul prodotto che ha in mano che sia si tratti di una scatola di biscotti sia si tratti di un cellulare.
Dal punto di vista tecnico è una bazzecola, se ancora non c’è è solo un problema di volontà.
Chi ha interesse a rendere opaca la filiera? Tutti quelli che quando il consumatore è privo di informazioni hanno da guadagnarci.
Il prodotto A costa il 30% meno del prodotto B; chiaramente il consumatore sceglierà A; ma se fosse a conoscenza che A costa meno di B perché A viene confezionato da detenuti politici ai lavori forzati in un paese dalla dubbia moralità, sceglierebbe ancora A?
L’Italia nel 2013, secondo i dati diffusi fa confagricoltura, l’Italia ha esportato olio d’oliva per 344 ton e ne ha importati 457 ton. Potrei anche sbagliarmi, ma non potrebbe essere che qualche litro dell’olio che importiamo entri in Italia, ne prenda la cittadinanza e ne esca spacciato come olio da olive nate in Italia. Truffe come questa non sarebbero possibili col sistema a filiera trasparente proposto.
Il sistema può anche essere diverso, io ci tenevo a far vedere che si può creare e che quindi l’ostacolo non è tecnico.